Dante O. Benini sceglie il sistema S/R Vanoncini
L’ARCHITETTURA: ALLE ORIGINI, IL SISTEMA A SECCO
Dante O. Benini è un architetto di fama internazionale.
Nasce nel 1947 a Milano, ma è a Venezia -nello studio del Prof. Carlo Scarpa-, che riceve la sua prima formazione professionale. Vive in Inghilterra e completa gli studi in Brasile, dove si laurea nel 1979 presso l'Università Federale con Oscar Niemeyer e si trasferisce per l'espletamento dei suoi primi incarichi professionali. Nel 1978 è ospite come professionista presso lo studio di Frank O. Gehry a Santa Monica - California . A San Paolo apre la "Dante Benini Ingex Architecture" che poi disloca anche a Milano, dove è richiamato con sempre maggior frequenza per incarichi progressivamente più importanti di matrice europea ed americana.
Nel 1997, avvia lo studio Dante O. Benini & Partners, attualmente presente a Londra e Milano con un organico di oltre 60 professionisti. Abbiamo avuto il privilegio di intervistarlo nello studio di Milano, dove ha rivelato la sua predilezione per i sistemi a secco.
Come ha conosciuto il sistema a secco?
La mia prima formazione è avvenuta tra Inghilterra, Brasile, California, dove il sistema a secco è sempre stato molto utilizzato. Rientrato in Italia negli anni ‘80, sono rimasto impressionato dalla preferenza indiscriminata che i progettisti accordavano al vecchio mattone. Personalmente, ho sempre trovato assurdo costruire muri per poi doverli quasi demolire con le tracciature per il passaggio degli impianti. Ricordo che, proprio sul finire degli anni ’80, ad Amsterdam, mi ingegnai con i costruttori per usare blocchi di mattone rivestiti da una lastra di gesso: quando gli operatori vi applicarono il flessibile, gridarono al prodigio solo perché il mattone non si sbriciolava. Erano tentativi rudimentali che oggi fanno sorridere, ma che testimoniano una ricerca costante verso nuovi metodi costruttivi.L’architettura racchiude in sé qualcosa di primordiale e il sistema a secco può riportare l’edilizia a questo principio originario.
Ci sono altre discontinuità che ha ravvisato in Italia?
Il sistema a secco insegna a lavorare per competenza e in maniera precisa, rispettando tempi e consegne. In Italia, mi ha sempre colpito la capacità degli architetti di accentrare su di sé infinti ruoli professionali tra cui geologo, topografo, designer, urbanista, arredatore. E’ un approccio che non mi è mai appartenuto: io sono un architetto e lascio fare agli altri ciò per cui hanno studiato.
In quali occasioni ha collaborato con Vanoncini?
Ho lavorato con Vanoncini per diversi progetti: il mio studio milanese, il Centro Diagnostico Italiano Porta Nuova, una privata abitazione con vista Duomo e il Polo Provinciale d'Eccellenza per l'innovazione e il lavoro (Via Soderini, Milano). Quest’ultimo progetto, che ha anche ricevuto il primo premio al Concorso Internazionale per la progettazione architettonica (edizione 2003), ha dimostrato in maniera inequivocabile come si possa essere efficienti anche quando si entra nel campo delle Opere Pubbliche, pianificando perfettamente costi e risultati, senza sbavature.
Come valuta la collaborazione con Vanoncini?
Credo sia una delle pochissime aziende del settore in grado di avere un approccio integrato al sistema a secco, total dry. Vanoncini conosce profondamente la tecnologia del sistema a secco e la declina per ottenere -di volta in volta- i risultati migliori, mettendo a frutto un’esperienza di cantiere non comune. A differenza di altri operatori del settore, non esegue acriticamente gli input che provengono dai progettisti, ma con loro dialoga per arrivare al progetto finito.
Quali sono i vantaggi del sistema a secco?
Semplifico al massimo il mio pensiero: con il sistema a secco si ottimizzano i tempi di esecuzione del progetto, si riducono le possibilità di errore e si può rispettare l’ambiente, grazie all’ampia riciclabilità di quasi tutti i materiali utilizzati nel processo. Se tutto questo non bastasse, il rigore scientifico del sistema consente un ottimo addestramento delle maestranze coinvolte.
Quali sono le criticità?
La criticità più importante concerne la limitata conoscenza del sistema e, dunque, la sua scarsa diffusione. Quest’ultimo aspetto incide in maniera considerevole anche sui valori economici. Al momento, i progettisti italiani che colgono le opportunità del sistema sono pochi e io credo che molto dipenda anche da una comunicazione esigua. Ritengo che proprio a Vanoncini, forte di una competenza maturata sul campo, spetti oggi il ruolo di promuovere un metodo virtuoso, dando all’edilizia una vera svolta tecnologica ed efficiente.
Intervista del 16/09 di Angela Laurino